La cartina escursionistica: vivere l'escursione già dalla pianificazione

In un mondo in cui dispositivi elettronici, internet e tecnologie entrano in modo sempre più profondo nella nostra vita, influenzando le nostre esperienze, facilitandoci e spesso distraendoci, il contatto diretto con alcuni aspetti cruciali del “vivere la montagna” va scemando: ci si dimentica della sensorialità, della capacità di prevedere i cambiamenti atmosferici, ci si allontana dalla conoscenza legata all’esperienza, sostituita dalla “conoscenza dell’App”, si fatica a interpretare il territorio nel momento in cui non è presente una connessione internet o non si possiede l’applicazione che riconosce i fiori, le cime, gli alberi, l’itinerario da seguire…
Non voglio sfociare nel catastrofismo banalizzando ciò che di veramente utile le tecnologie possono offrire, ma mi piacerebbe trasmettere l’importanza dell’esperienza diretta, della conoscenza sensoriale, della capacità di valutazione nel “vivere la montagna”, non per sentimentalismi o condanna verso le informazioni facilmente e velocemente reperibili, ma perché l’esperienza “reale” può regalare delle sensazioni o delle sfumature che quella “virtuale” non può assolutamente dare.
Il primo fondamentale aspetto dell’affrontare un’escursione, una passeggiata, una visita è la pianificazione.

Ora è molto più facile programmare e organizzare una gita: basta accedere ad internet e si può disporre in pochi secondi di una moltitudine di informazioni utilissime, quali la lunghezza, il dislivello, i punti d’interesse, le tracce GPS. Se avete visitato questo semplice blog può essere che abbiate avuto bisogno di informazioni! Esiste però uno strumento antichissimo, affascinante, preciso, che può fornirci le medesime informazioni, a volte anche di più! Sto parlando della cartina escursionistica.

Non voglio parlarvi della storia della cartografia ma è importante sapere che dalla nascita dell’alpinismo al giorno d’oggi le cartine hanno subìto un’evoluzione tecnica notevole, eppure se affrontassimo un’escursione con una mappa del primo dopoguerra potremmo già muoverci con facilità e una certa sicurezza, data la grande precisione dei cartografi, soprattutto dell’Impero Austro-Ungarico, nel rappresentare il territorio.
Ovviamente il consiglio è quello di avere sempre cartine aggiornate, in quanto il territorio e la rete sentieristica sono soggetti a continue modificazioni. Quali informazioni può darci una carta escursionistica?
La lunghezza di un sentiero, la pendenza, il dislivello di un itinerario, la quota dei punti di interesse, l’esposizione al sole, la presenza di acqua, la percorribilità del sentiero, la presenza di tratti rocciosi o attrezzati, il panorama che ci si potrebbe presentare, la presenza di centri abitati – baite – malghe – rifugi, la presenza di bosco o prato…mi fermo?
L’abilità di saper leggere e interpretare una cartina è fondamentale anche per la sicurezza e per la proteggibilità da eventi rischiosi, tanto che i professionisti (guide alpine, accompagnatori di media montagna) non possono farne a meno. Una cartina può aiutarci a rilocalizzarci in caso di smarrimento, naturalmente con un dispositivo GPS questa operazione può essere fatta più velocemente…se la batteria è ancora carica! Infatti i dispositivi elettronici hanno la pecca di essere vincolati all’autonomia della batteria, che nei nuovi smartphones è veramente limitata! Vedremo più avanti come comunque i dispositivi GPS possono essere un supporto “d’emergenza” alla cartina.

Vediamo ora alcune caratteristiche delle carte escursionistiche:

LA SCALA
La scala di una cartina non è altro che il rapporto tra la dimensione della carta stessa e la realtà, ovvero quante volte la realtà è stata rimpicciolita per poter essere rappresentata sulla carta. Solitamente le carte escursionistiche sono di scala 1:25.000, più dettagliate, o 1:50.000, più generalizzate. Conoscere la scala ci è utile per misurare la lunghezza di un tracciato. Misurando con un righello le tratte principali del sentiero (misurarlo nella sua interezza, con tutte le curve, è possibile solo con un curvimetro) basta trasformare i cm in metri: ad esempio se la scala è 1:25.000, 1 cm = 250 metri.  Attenzione alla differenza tra lunghezza lineare e lunghezza reale: la carta è disegnata in piano, ma sulla Terra i punti di una linea quale può essere un sentiero non sono alla stessa quota ma ad altitudini diverse, bisogna tenerne conto.

LA SIMBOLOGIA
Differente ma simile da carta a carta, da editore a editore, è sufficiente dare un'occhiata alla legenda. Il tipo di simbologia dipende da ciò che mi interessa rappresentare, ciò distingue una carta escursionistica da una fisica, politica, tematica, eccetera.


CURVE DI LIVELLO – QUOTE – EQUIDISTANZA
Le curve di livello o isoipse sono le linee immaginarie che uniscono tutti i punti a una stessa quota. L'equidistanza è la differenza di quota tra una curva di livello e l'altra. Solitamente (ma non è detto) sulle carte al 25.000 l'equidistanza è di 25 metri, così che tra una "curva maestra", quelle disegnate più spesse, e l'altra ci sia un dislivello di 100 metri. Sono utili per misurare il dislivello, comprendere la pendenza, capire le forme del terreno.

ORIENTARE LA CARTINA
Questa operazione è importante una volta sul luogo, significa far combaciare la posizione degli oggetti sulla cartina con gli oggetti nella realtà. Si può fare con una bussola o semplicemente guardandosi attorno e utilizzando strade, valli, torrenti come riferimento. Orientare la cartina mi consente ad esempio di imboccare il sentiero giusto e di riconoscere le cime. 

ALTRE INFO
Come ho scritto sopra, da una cartina posso ricavare ulteriori importanti informazioni: se il sentiero è esposto a sud o nord (prevalentemente al sole o all'ombra), la presenza di acqua, la percorribilità del sentiero, la presenza di tratti rocciosi o attrezzati, il panorama che ci si potrebbe presentare, la presenza di centri abitati – baite – malghe – rifugi, la differenza di vegetazione.

TEMPI DI PERCORRENZA
La prima domanda che la maggior parte degli escursionisti si pone è “quanto ci vuole?”. In effetti la durata del percorso riveste una notevole importanza per scegliere se affrontarlo, con quale spirito, se abbiamo tempo a sufficienza. Le indicazioni che si trovano su cartelli, locandine, siti internet, dovrebbero rispecchiare il tempo di percorrenza di un escursionista “medio”, ma il mio consiglio è quello di fare esperienza e capire:
  • Qual è la propria velocità al km su un percorso poco ripido o con grandi tratti pianeggianti (km/h)
  • Quanto dislivello riesco a coprire in un’ora su un percorso ripido (m dislivello+/h)

Una volta ricavati dalla mappa lunghezza e dislivello e riconosciuta la pendenza del sentiero siamo in grado di fare un calcolo sommario del tempo di percorrenza.

Difficile essere precisi, ma con l’esperienza si migliora aggiungendo tra le variabili anche peso dello zaino e clima. Teniamo sempre presente che i tempi di percorrenza riguardano il cammino effettivo, dobbiamo aggiungere sufficienti pause per bere, riposare, scattare qualche foto, godere del paesaggio.

Un calcolo che possiamo utilizzare è quello di 4 km/h piani + 1h ogni 350 m di dislivello. Quindi se la cartina ci indica un percorso di 8 km lineari e 700 m di dislivello positivo il tempo impiegato dovrebbe essere di 4 ore.

Ora non vi resta che provare! Imparare a leggere la cartina è utile, provare a pianificare nel dettaglio la gita è divertente! Consiglio di partecipare a un corso o comunque di farsi spiegare qualche trucchetto da un professionista, sarà una gran bella esperienza! 






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