Viaggio in Georgia - Parte 5 - Da Tbilisi a Mestia

Verso lo Svaneti


La tappa successiva era quella che più ci attirava, ma anche la più problematica da raggiungere: Mestia, nella regione dello Svaneti. Essendo l’autonoma Ossezia del Sud non visitabile (o lo è a proprio rischio), in senso antiorario era il turno proprio dello Svaneti e dello Samegrelo. La destinazione si trova a 460 km da Tbilisi, circa 8-9 ore di marshrutka. Qualche giorno prima avevamo scoperto che una piccola compagnia aerea opera, con un velivolo da 15 posti, sulle tratte Mestia-Tbilisi e Mestia-Kutaisi. Avevamo sperato di poter trovare due posticini, ma ovviamente era già tutto prenotato. La scelta sul come raggiungere Mestia e sul come tornare a Kutaisi, presa gustando un enorme khachapuri, è ricaduta sulla via-terra all’andata e la via-aria al ritorno. Abbiamo quindi prenotato il volo Mestia – Kutaisi, di circa 50 minuti, al costo di 16 Euro a testa. Troppo poco perché 15 persone potessero ripagare pilota e carburante. Quindi o ci sarebbe stato il pilota automatico o la discesa sarebbe stata in planata. L’azzardo più grande non è stato però sul viaggio del ritorno, ma sull’andata: abbiamo deciso di prenotare un treno.
La rete ferroviaria georgiana più che una rete è uno spaghetto che taglia a metà il Paese. Esistono due tipi di treno: quello normale e quello veloce. Per coprire i 300 km che separano la capitale da Zugdidi il treno normale ci impiega 8 ore, quello rapido 5 ore. Naturalmente abbiamo optato per il veloce, a circa 5 Euro a testa. Il treno veloce deve essere prenotato, non vi racconto la sofferenza nel riuscire a farlo online. Alle 8 del mattino la stazione è vivace, nonostante siano pochissimi i treni in partenza. Il treno ci ha sorpreso positivamente: i seggiolini sono comodi e spaziosi e a bordo c’è anche il wi-fi gratuito. Alla partenza abbiamo notato che i passeggeri sono per la maggior parte madri con bambini: sono toccanti le lacrime agli occhi di queste donne nel salutare i mariti, fatti scendere all’ultimo minuto dalla capotreno. La scelta del treno non è stata poi così male, i paesaggi sono incantevoli e ad ogni stazione, all’apertura delle porte, delle donne offrono i propri prodotti urlando come delle forsennate su dalle scalette. Così abbiamo potuto perfino mangiare delle buone focacce fatte in casa. Il procedere lento del treno era perfetto per poter assistere, per pochi secondi, ad una moltitudine di scene interessanti, divertenti, suggestive.
Arrivati a Zugdidi, nella stazione siamo stati avvicinati subito da un autista di marshrutka: era ovvio che ci servisse un passaggio per Mestia. Alla piccola biglietteria un cartello indicava i prezzi per la nostra destinazione, 10 GEL, ma prontamente l’autista ci ha fatto notare che avevamo dei grossi zaini. Quindi 15 GEL. Unici altri passeggeri due israeliani, che convincono l’autista a non partire immediatamente perché dovevano mangiare. Dopo mezz’ora abbondante la coppia sembrava soddisfatta del pranzo suggerito dal georgiano ma, a sorpresa, il nostro simpatico driver avvisa che siamo troppo pochi per partire per Mestia. Bisognava aspettare almeno altri tre passeggeri. Per fortuna a Zugdidi splendeva un bel sole e la temperatura era perfetta, inoltre il sano caos del parcheggio di marshrutka affiancato da un piccolo mercato ci ha aiutati a far passare più in fretta l’ulteriore ora di attesa. Anche qua le mucche, come nel resto della Georgia e come tutti gli altri animali domestici, scorrazzavano liberamente per le strade della cittadina, nelle aiuole, nei parcheggi. Da quello che abbiamo capito, un po’ tutti hanno qualche capo di bestiame, tenuto più in un garage con giardino che una stalla, e la mattina gli animali (maiali, cani, mucche, galline, cavalli) vengono lasciati andare. Ogni sera tutti ritornano fuori dal cancello del proprio padrone, il quale provvede a farli rientrare. Sicuramente la mucca è l’animale più rappresentativo della Georgia. Non sapete quante ne hanno schivate i nostri autisti nei vari viaggi! Il segreto è non rallentare, così che la mucca non possa nemmeno chiedersi cosa fare e cambiare inaspettatamente traiettoria.

Ovviamente nessun altro passeggero si era presentato per andare a Mestia, perciò noi e gli israeliani abbiamo dovuto trattare un nuovo prezzo per poter partire, 20 GEL a testa.
Il tragitto da Zugdidi a Mestia, 3 ore circa di marshrutka (vi ricordo che il tempo di questi minibus non è rappresentativo per il resto dei veicoli) è affascinante e adrenalinico. Tutto di un tratto la fiorita pianura diventa montagne severe, dirupi franosi, gole strette e spaventose. La strada è un’avventura: piccole frane e grosse pietre invadono la strada, strada che di colpo può dimezzarsi di larghezza o scomparire franata nel dirupo sottostante. L’abilità dell’autista nello schivare a una certa velocità buche, animali, smottamenti è stata notevole, ma non è un’esperienza da consigliare a chi soffre di mal d’auto. Lungo la strada solo una manciata di minuscoli villaggi sperduti. Verso la fine del tragitto il panorama cambia nuovamente: la gola diventa una vasta valle e cime stupende si stagliano al cielo. I paesi sono sparpagliati e tutto attorno prati verdissimi, spezzettati da sofisticate recinzioni di legno e fil di ferro, tutte uguali. La cosa veramente affascinante di questi paesi sono però le torri svan. 
I koshkebi sono delle alte torri (circa 25 metri) che ogni famiglia costruiva a scopo difensivo e come magazzino. Più che per proteggersi da invasioni di popolazioni esterne (lo Svaneti è sempre stato molto isolato), i koshi proteggevano le famiglie in caso di faide e disordini. Quasi tutte queste torri sono state costruite tra il IX e il XIII secolo. I primi villaggi sembrano molto umili, i contadini utilizzano giogo e carretti trainati da animali, ma tutti salutano il marshrutka con un sorriso. La situazione cambia parecchio quando arriviamo a Mestia, la nostra destinazione.
Koshkebi

Mestia, Svaneti

Mestia (მესტია) è il capoluogo della regione, è un agglomerato di villaggetti che arriva a stento a duemila abitanti, posto a 1400 metri ai piedi di grandiose montagne caucasiche. Il centro del paese però è evidentemente sviluppato per accogliere anche un turista più esigente, con strutture nuove ma costruite in pietra e legno, abbastanza integrate nel paesaggio anche se di ispirazione alpina. Qui gli investimenti in ambito turistico si vedono: qualche albergo, qualche ristorante occidentalizzante, noleggi sci, negozietti di souvenirs. Superata la via principale però la situazione è identica a quella dei paesi incontrati precedentemente, con strade non pavimentate e con una pseudo stalla sotto ogni abitazione. E’ sembrato di fare un salto nel tempo, un tempo non vissuto ma solo ascoltato con curiosità e sbigottimento dai nonni. Ciò ancora di più nei giorni successivi, quando da Mestia abbiamo raggiunto dei villaggi ancora più sperduti.
Mestia
Anche qui trovare la guesthouse prenotata è stata un’impresa e, quando finalmente troviamo chi conosce il padrone, scopriamo che questo non c’è e ci viene detto che allo stesso prezzo possiamo usufruire del suo albergo. Abbiamo declinato l’offerta e ci siamo diretti verso un ostello, grazie alle indicazioni di qualche vecchietto, all’entrata del quale le mucche attendevano ruminando di poter rientrare nella stalla. Le due padrone erano gentili ma con uno sguardo un po’ malinconico, che ci hanno preparato  una cena esagerata ma deliziosa. Nello stesso ostello gli altri ospiti erano alcuni freeriders: questa è una patria per il freeride e lo sci alpinismo. Esistono anche degli impianti per la pratica dello sci da discesa. Una seggiovia si trova alle spalle del paese, ma non è ben chiaro se e quando è aperta. Altri impianti più moderni distano a una ventina di chilometri da Mestia, su un passo raggiungibile solo con fuoristrada. Ignoro come possano salire a sciare in caso di forti nevicate.
Guesthouse Manoni

La sera è stato emozionante passeggiare tra le torri illuminate splendidamente, ma la cosa più emozionante è stata la chiacchierata (lui parlava, noi ascoltavamo senza capire) con un vecchietto decisamente ubriaco. Ci ha dimostrato il suo affetto verso l’Italia cantandoci “lasciatemi cantareeee…”. Un vero fan di Toto Cutugno.

Nel prossimo post vi racconto dei bellissimi trekking attorno a Mestia!

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